Come sempre accade, nell’organismo umano non esiste una struttura in grado di espletare un’unica funzione e, anche quando si tratti di un tessuto o di un organo apparentemente semplice, ad un’attenta osservazione si scopre una complessità strutturale e funzionale inimmaginabile.
Nel caso del sistema linfonodale, il primo carattere che va evidenziato è come lo stesso sia distribuito in tutto l’organismo.
In altri termini, mentre la maggior parte degli organi (rene, cervello, pancreas, ecc.) sono unici, riconoscibili e posizionabili in uno specifico sito, il tessuto linfonodale è ubiquitario.
Neppure è semplice parlare unicamente di linfonodi in quanto essi, pur essendo singolarmente ben riconoscibili, sono diffusi in ogni dove nell’organismo e, soprattutto, fanno parte di una struttura molto complessa definibile come sistema linforeticolare.
Considerando il linfonodo nella sua unicità, esso è un piccolo corpicciuolo ovalare, di pochi millimetri di diametro, di solito riunito in piccoli gruppi a costituire una cosiddetta "stazione linfonodale".
Di tali linfonodi ce ne sono migliaia distribuiti in tutto l’organismo e, appunto, sono spesso riuniti in piccoli gruppi. Le stazioni linfonodali più note sono quelle latero cervicali, ascellari e inguinali che, essendo superficiali, possono essere facilmente palpabili ed esplorabili. Ce ne sono poi di profonde (para aortiche e mediastiniche) che possono essere individuate solo attraverso esami come TAC o RM (Risonanza Magnetica).
Il significato di detti linfonodi è, prima di tutto, quello di drenare la linfa da un determinato territorio.
Un’indispensabile premessa è dire che, giunto il sangue a livello capillare attraverso il sistema arterioso, una certa quantità di liquido ricco di proteine filtra nel tessuto interstiziale circostante ai capillari stessi. Ciò avviene perché la parete di quei microscopici vasi è permeabile e questo favorisce la filtrazione di liquido e di molte proteine. Il passaggio di sostanze dall’interno del vaso capillare ai tessuti circostanti è utile e necessario per permettere il rifornimento di nutrienti alle cellule tessutali circostanti. La stessa cosa non avviene per le strutture cellulari (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine) che, essendo di maggiori dimensioni, non riescono a superare il filtro operato dalla parete del capillare.
Ma per molti motivi non è utile che tutte le proteine filtrate restino in sede interstiziale; così tale filtrato, definito linfa, viene raccolto da vasi a fondo cieco noti come vasi linfatici che lo convogliano verso dotti di calibro sempre maggiore fino a farlo confluire nel sistema venoso.
In questo tragitto, la linfa attraversa vari linfonodi che provvedono ad identificare ed eliminare eventuali germi o sostanze estranee ivi presenti.
Questa è la funzione di filtro operata dai linfonodi ed ha una distribuzione loco regionale.
L’opera di filtraggio esercitata dai linfonodi sulla linfa si espleta principalmente su germi eventualmente presenti, sia che si tratti di batteri che di virus. Tale attività prevede, oltre all’inglobamento ed alla distruzione meccanica dell’antigene considerato estraneo all’organismo, anche la formazione di anticorpi neutralizzanti che, immessi poi nel circolo sanguigno, operano in forma sistemica.
Nel momento in cui il linfonodo dovesse espletare un’attività neutralizzante, potrà incrementare la sua attività metabolica e funzionale e ciò potrà comportare un suo aumento di volume. Sarà allora possibile evidenziarlo clinicamente e potrà essere rilevato anche dallo stesso paziente se tale linfonodo facesse parte di una stazione superficiale. In tal caso potrebbe essere possibile la comparsa di una variabile sintomatologia dolorosa.
Questa è la funzione immunologica del sistema linforeticolare che non è esclusiva dei pur numerosi linfonodi ma è condivisa da altre analoghe strutture tra cui la milza, il fegato, il midollo osseo, le tonsille, l’anello del Waldayer, le cellule linforeticolari dell’intestino, ecc.
A questa funzione va aggiunta la capacità del sistema linforeticolare di mantenere la memoria immunologica.
Con questa terminologia si intende la capacità, da parte di questo sistema, di essere in grado di riconoscere un antigene già rilevato in passato e di reagire in modo più veloce e più efficace nel futuro, laddove dovesse avvenire un nuovo contatto. Naturalmente questa reazione sarà sempre operata attraverso l’attività linfocitaria quasi sempre mediata dalla produzione di anticorpi.
In conclusione, il sistema linfonodale, inteso come parte di un insieme di organi deputati alla difesa dell’organismo da eventuali aggressioni esterne, vede la sua eterogeneità funzionale preminentemente in relazione alla sua capacità di aggredire infiniti e potenziali antigeni con cui venisse in contatto.
L’approfondimento di questa indispensabile funzione garanzia del benessere e della sopravvivenza dell’organismo, dovrebbe passare attraverso l’analisi della cellularità della struttura linfonodale operata da differenti tipologie di linfociti (B e T), dai macrofagi, dalle plasmacellule capaci di produrre differenti tipologie di anticorpi (IgG, IgM, IgE), e via dicendo.
Non è però questa la sede per affrontare un problematica così specialistica.
Un accenno al fatto che tale sistema è in grado di intervenire anche nella eliminazione di eventuali cellule che, avendo acquisito particolari caratteristiche (autonomia moltiplicativa), potrebbero essere capaci di generare la formazione di tumori (leggi l'articolo dedicato a questo tema.)
Come già detto, laddove il linfonodo fosse impegnato in un qualsiasi processo di difesa, potrebbe aumentare di volume e ciò potrebbe generare una compressione sui tessuti circostanti inducendo manifestazioni cliniche non direttamente correlate alla patologia in corso ma che, eventualmente, potrebbero essere capaci di portare al decesso dell’individuo colpito.
Dr. Mauro Marchetti
Specialista in Medicina Interna