Talora, dai non addetti ai lavori, viene usata indifferentemente la terminologia "infiammazione" ed "infezione" come se queste due condizioni fossero espressione di uno stesso processo patologico. Ovviamente non è così, assolutamente non sono sinonimi.
Pur potendo coesistere queste due condizioni in una stessa lesione, è necessario focalizzare l’attenzione sui due termini e, conseguentemente, sulle due differenti realtà. Ciò è di fondamentale importanza per comprenderne appieno il vero significato.
Affinché si possa parlare di infezione è indispensabile che un organismo patogeno esterno, di solito un virus, un batterio o un micete (fungo), entri in un organo o in uno dei tessuti del soggetto ospite generando una reazione del suo sistema immunitario.
L’infiammazione, viceversa, è la risposta del sistema immunitario ad una noxa patogena, che può non essere legata alla presenza di uno dei patogeni sopra detti.
L’infiammazione, infatti, non necessariamente deve essere associata ad un’infezione potendo anche essere conseguenza della penetrazione di un corpo estraneo in un tessuto. Ad esempio potrebbe generarsi in seguito alla penetrazione nella cute di una piccola scheggia di legno.
Solo se il corpo estraneo che ha invaso l’organismo fosse ricco di germi, si potrebbe generare successivamente un quadro infettivo fino al realizzarsi di una raccolta purulenta: questa condizione configura la reale infezione.
In taluni casi, il processo infiammatorio potrebbe derivare dall’aggressione del sistema immunitario verso un proprio tessuto che, per cause imprecisate, non viene più riconosciuto come facente parte dell’organismo a cui appartiene: è questo il caso delle sempre più frequenti patologie autoimmuni. Anche in questi casi si tratta di una infiammazione in quanto la reazione del sistema immunitario non è associata alla presenza di agenti patogeni esterni. Solo la presenza di questi ultimi è allora, condicio sine qua non, si possa parlare di infezione.
In ogni caso il processo infiammatorio è finalizzato prima a confinare e poi ad eliminare la noxa patogena.
Con o senza infezione, l’infiammazione va intesa come una reazione del sistema immunitario, appunto finalizzata alla difesa dell’organismo, caratterizzata da un insieme di eventi che possiamo così sintetizzare:
- Un aumento della vascolarità locale per favorire un maggior apporto di cellule capaci di difendere l’organismo dall’aggressore.
- La concentrazione nella sede dell’infiammazione di una più o meno folta schiera di "soldati" ciascuno provvisto di un particolare armamento. Si tratta dei globuli bianchi nelle loro varietà: i granulociti neutrofili, i linfociti ed i macrofagi.
- La liberazione di una serie di mediatori chimici dell’infiammazione capaci di attivare le singole cellule stimolandone il funzionamento.
Semplificando al massimo l’attività cellulare nella sede dell’infiammazione, potremmo dire che l’effetto dei granulociti neutrofili ed ancor di più dei macrofagi sarà quello di aggredire fisicamente la noxa patogena attraverso un meccanismo di fagocitosi. Questo consiste nell’inglobamento all’interno di tali cellule del corpo estraneo che verrà prima "digerito" e poi eliminato.
Molto caratteristica è la modalità di realizzazione di questo processo di fagocitosi: il macrofago, cellula piuttosto grande e con parete molto duttile, va a circondare l’elemento che deve eliminare andando a modellarsi in una sorta di anello che circonda il malcapitato antigene. Alla fine, come un tentacolo, la morsa si chiude inglobando l’ignaro e microscopico agente patogeno.
Le cellule linfocitarie, invece, sono preminentemente deputate all’aggressione dei virus e di altre strutture proteiche; sono capaci di trasformarsi in plasmacellule a loro volta in grado di produrre anticorpi specifici per quella determinata noxa patogena che definiamo "antigene". Gli anticorpi sono particolari proteine costruite in modo ben definito e ad hoc per quel particolare aggressore; non solo saranno per lui specifiche, ma avranno caratteristiche strutturali differenti a seconda che vengano prodotte in una prima fase di contatto con l’agente patogeno piuttosto che in una fase più tardiva. Gli anticorpi prodotti dalle plasmacellule dopo un primo contatto con il "nemico" sono più grandi strutturalmente avendo più loci di aggressione e vengono definiti Immunoglobuline M (IgM); quelli prodotti successivamente, pur mantenendo la loro specificità, sono più piccoli, sostanzialmente molecole più leggere, e vengono definite Immunoglobuline G (IgG). Altri anticorpi come le IgE e le IgA hanno funzioni e sedi d’azione particolari.
Altra caratteristica di fondamentale importanza per il sistema immune è la cosiddetta "memoria Immunologica". Questa consiste nella possibilità di questo complesso e poco conosciuto sistema, di mantenere nel tempo la capacità di riconoscere l’agente patogeno con il quale il sistema stesso è entrato in contatto nel passato. Ciò vale, in particolare, per tutti quegli antigeni che hanno indotto la formazione di anticorpi e ne hanno poi subito l’effetto. Ad un successivo contatto con l’antigene verranno allora rapidamente prodotte grosse quantità di anticorpi specifici del tipo IgG capaci di aggredire ed eliminare lo stesso aggressore. Ovviamente la memoria immunologica potrà avere modalità diverse di estrinsecazione e garantirà differente protezione per quell’antigene in virtù di caratteristiche che non sempre ci è dato di conoscere.
Da sottolineare come non sia prevedibile un parallelismo tra presenza di anticorpi in circolo e protezione per quel determinato agente patogeno. È possibile che la presenza in circolo di anticorpi non sia in grado di proteggere da quell’antigene perché, sia pur di poco, potrebbe lo stesso essere variato strutturalmente e quindi non adeguatamente riconosciuto. In altri casi, pur non essendo più presenti in circolo gli anticorpi specifici, la memoria immunologica preservata nei linfociti B, potrebbe essere in grado di intervenire tempestivamente immettendo nel circolo sanguigno una grande quantità di immunoglobuline specifiche in occasione di un successivo contatto con l’aggressore.
Quando l’infiammazione si associa alla presenza di agenti patogeni viventi, soprattutto batteri, si può realizzare un accumulo notevole di granulociti neutrofili in loco che hanno funzione di aggressione diretta sull’agente patogeno. In tal caso questa massa di globuli bianchi, affiancata a prodotti di degradazione anche di tipo necrotico, può generare un liquido giallastro o giallo verdastro e maleodorante che è noto a tutti e che viene definito pus. Tale raccolta può portare alla costituzione di una tumefazione, altrettanto nota, che definiamo "ascesso". Questa condizione spesso si associa ad una tipica modifica dell’emocromo che tecnicamente chiamiamo "leucocitosi neutrofila" e che altro non è che un aumento, di variabile entità e spesso proporzionale alla gravità dell’infezione, dei globuli bianchi ed in particolare del numero dei granulociti neutrofili nel circolo sanguigno.
Anche dal punto di vista clinico è possibile differenziare il semplice quadro infiammatorio da quello infettivo. In ogni caso troveremo la classica triade di Virchof: tumor, rubor e calor che, in termini più semplici, possiamo tradurre in tumefazione, arrossamento e calore. Potremmo anche aggiungerne una quarta, la functio lesa cioè la perdita della capacità funzionale di quel distretto corporeo. Immaginiamo, ad esempio, un’articolazione infiammata magari nel corso di una patologia autoimmune come l’artrite reumatoide: il ginocchio, il gomito o altre articolazioni appariranno tumefatte, arrossate, calde in superficie e con ridotta mobilità.
Tipicamente questo quadro è caratteristico di uno stato infiammatorio ma, laddove fosse causato da un’infezione batterica, avremmo gli stessi caratteri particolarmente accentuati e potrebbe essere presente, più o meno evidente, un’infiltrazione tessutale con accumulo di pus. La lesione sarebbe allora ancor più visibile e, nelle fasi di maturazione dell’ascesso, si noterebbe una tumefazione ripiena di un liquido denso e fluttuante. In tal caso sarebbe indispensabile il suo drenaggio per predisporre la lesione alla guarigione.
Se non intervenissimo con il drenaggio e un’adeguata antibiotico terapia, potrebbero crearsi le condizioni per una diffusione del processo infettivo attraverso il sangue (diffusione per via ematogena) generando una batteriemia o addirittura una setticemia. In tal caso i batteri in circolo, arrivando in altre sedi, potrebbero localizzarsi in un qualsiasi altro organo o tessuto generando nuove formazioni ascessuali (ascesso cerebrale, polmonare, ecc.). L’eventuale setticemia potrebbe generare anche una gravissima infezione del sangue.
Nei casi più favorevoli, che sono in realtà la maggioranza, la lesione ascessuale non drenata chirurgicamente potrebbe farlo spontaneamente all’esterno o svuotandosi in una cavità naturale (ad esempio nella pleura) o in un organo cavo (ad esempio nel colon) generando la formazione di una fistola (tragitto di comunicazione) che, talvolta, si cronicizza.
Spero di aver chiarito la sostanziale differenza tra processo infiammatorio e patologia infettiva che, per ricapitolare potrebbero essere così sintetizzate:
- Il processo infiammatorio è una generica reazione dell’organismo verso un antigene di tipo chimico, fisico o proteico non riconosciuto come proprio dal sistema immunitario dell’ospite. Questa reazione è mediata dagli anticorpi prodotti dalle plasmacellule che sono derivate dai linfociti che, a loro volta, sono un particolare tipo di globuli bianchi.
- L’infezione è, viceversa, la risposta del sistema immunitario all’aggressione che l’organismo subisce da parte di agenti infettivi esterni siano essi batteri, virus o miceti (funghi). È mediata soprattutto da un particolare tipo di globuli bianchi definiti granulociti neutrofili e si accompagna costantemente ad una reazione infiammatoria locale o generale. Caratteristicamente, in questi casi, aumentano nel circolo sanguigno i globuli bianchi totali e i neutrofili in particolare.
Dr. Mauro Marchetti
Specialista in Medicina Interna