La patologia del dotto

Oggi prendo spunto dal titolo di un articolo letto su Facebook riguardante il "dotto di Stenone" che veniva proposto come storia della medicina.

Immagino che ai più un argomento del genere non avrebbe certo stimolato alcuna curiosità. A me invece, amante della medicina e incline a stranezze di pensiero nonché a collegamenti tra argomenti di varia natura, con una preparazione di fondo basata su una cultura mista tra arte medica, scienza, matematica, fisica, chimica, e chissà quante altre argomentazioni, ha aperto un mondo di considerazioni.

Il dotto... di Botallo, di Stenone, di Falloppio, di Wirsung, il deferente e quanti altri ne potremmo elencare!!! Cos’hanno in comune tutte queste strutture?

Sono tutti dei "tubi di collegamento" che mettono in comunicazione un organo o un tessuto con un’altra realtà presente nell’organismo. La patologia che da essi può derivare ha una base comune essendo dovuta  quasi esclusivamente alla loro ostruzione.

Anche le manifestazioni cliniche saranno analoghe, differendo fra loro solo in relazione al tipo di liquido che scorre nel loro interno, a sua volta legato alla funzionalità dell’organo che quella sostanza ha prodotto.

Un intreccio tra la medicina e la fisica e, non a caso il mio primo esame universitario, lo ricordo con piacere e con ansia visto che ha rappresentato il primo approccio ad un percorso che sarebbe stato entusiasmante ma faticosissimo, è stato proprio quello di "fisica medica".

Pur venendo dal Liceo Scientifico dove la matematica e la fisica la facevano da padrone, quell’argomento era per me affascinante perché portava un dato concreto e scientifico, la fisica, su un piano che più tardi mi avrebbe fatto considerare la professione come una particolare forma di arte che, all’epoca, non capivo per non dire che detestavo.

Quel testo fu tanto studiato che dovetti poi, distrutto nelle pagine, provvedere a rilegarlo fortunosamente sfruttando le mie doti di improvvisazione e di inventiva viste le mie scarse disponibilità economiche di quel periodo.

Ma veniamo a noi parlando del dotto: abbiamo detto che si tratta di un condotto, vale a dire un tubo.

Abbandoniamo per il momento il concetto di vaso sanguigno che, pur essendo sempre una realtà simile, appartiene ad un preciso sistema che è il cosiddetto "sistema vascolare" formato da arterie, vene, capillari e vasi linfatici. Escludiamo analogamente il tubo gastroenterico che, strutturato in diversi distretti, comporta problematiche molto variegate che sarà necessario affrontare separatamente.

Concentriamoci invece su un differente tipo di "tubo", quello che permette il passaggio di una sostanza, prodotta in un organo, di raggiungere un'altra sede dove necessariamente dovrà espletare la sua funzione.

Facciamo qualche esempio partendo proprio dal dotto di Stenone che ha stimolato oggi la mia fantasia: è un condotto che, partendo dalla ghiandola salivare più importante, la parotide, porta la saliva nel cavo orale per far sì che si possa realizzare la famosa locuzione che recita "la prima digestione avviene in bocca".

Analogamente il dotto di Wirsung ed il Coledoco permettono, rispettivamente, il passaggio del secreto pancreatico e la bile prodotta nel fegato in duodeno per dar modo agli enzimi in essi contenuti di digerire gli ingesti proteici e lipidici (grassi).

Tra i tanti, un ultimo esempio, è il dotto di Botallo che, presente in età prenatale e patologico se persistente dopo la nascita, mette in comunicazione i due atrii cardiaci.

Ma non tutti i canali di comunicazione vengono definiti dotti. Molti ne esistono con le medesime caratteristiche che invece vengono nominati in altro modo. Esempi ne sono l’uretere, il coledoco, l’uretra e via dicendo.

Ma come possiamo raggruppare le loro patologie? Quasi sempre sono rappresentabili come una loro ostruzione che può avvenire dall’interno o per compressione esterna.

In ogni caso viene a determinarsi un ostacolo, di differente entità, nella loro attività funzionale che consiste proprio nel permettere il passaggio del liquido prodotto dall’organo in questione nel lume di un’altra struttura che deve riceverlo. Da ciò potrà insorgere una specifica patologia che differirà a seconda di quale dotto è interessato dal processo.

La manifestazione clinica sarà sicuramente differente in un caso rispetto all’altro anche se spesso potrà realizzarsi il quadro tipico della cosiddetta "colica".

Facciamo qualche esempio: una colica renale che si realizzerà quando un calcolo ostruirà l’uretere, una colica salivare che si svilupperà quando un calcolo ostruirà il dotto di Stenone, una colica biliare che comparirà quando un calcolo andrà ad ostruire il coledoco.

Analoghe manifestazioni cliniche, anche se più durature e spesso di difficile risoluzione, si potranno realizzare quando l’ostruzione sarà ab estrinseco, cioè quando il dotto sarà compresso dall'esterno per la presenza di una patologia, di solito neoplastica, presente in prossimità del dotto. Talvolta, invece, il tumore prende origine dall’epitelio di rivestimento interno del dotto stesso come accade, ad esempio, nel caso del tumore uroteliale in cui la patologia insorge direttamente nell’uretere, ostruendolo.

In ogni caso il restringimento del lume di qualsivoglia dotto, favorirà il ristagno del fluido nell’area sovrastante l’ostruzione e, conseguentemente, lo stesso liquido potrà distendere la sua parete, rimanere ed accumularsi nell’organo che l’ha prodotto e, in taluni casi, potrebbe aumentare la sua concentrazione nel sangue generando sintomi o complicanze.

Un tipico esempio potrebbe essere legato all’ostruzione del coledoco, magari determinata da una metastasi dei linfonodi posti subito sotto il fegato o da un tumore presente nella papilla di Vater. Quest'ultima è una sorta di valvola presente allo sbocco in duodeno proprio del coledoco.

Essendo questo condotto quello che provvede al passaggio della bile prodotta dal fegato nel duodeno, una volta che quest'ultimo fosse stato ostruito, si genererebbe un accumulo di tale sostanza nel suo interno che sarebbe responsabile dapprima di una dilatazione del condotto a monte dell’ostruzione ben visibile ad un esame ecografico, poi potrebbe determinare l’incremento nel sangue della bilirubina. La conseguenza di questo accumulo sarà la comparsa dell’ittero, vale a dire la caratteristica colorazione gialla della pelle e della cornea tipica delle patologie del fegato.

In ogni caso di patologia ostruttiva dei dotti, la causa che ha determinato il restringimento del lume del condotto potrà venir meno spontaneamente almeno nei casi di benignità della patologia che l'ha determinata; questo spesso accade nel caso della colica renale o biliare. Laddove l'ostruzione persista, onde evitare ulteriori complicazioni, sarà necessario intervenire chirurgicamente o attraverso altre specifiche tecniche come la litotrissia nel caso di patologia ureterale per presenza di un calcolo. Di solito l'intervento si rende necessario quando sia in gioco una patologia più grave, ad esempio neoplastica, sempre che ciò sia tecnicamente possibile.

Da considerare come, nel caso degli organi a secrezione interna, gli ormoni da essi prodotti vengono rivarsati direttamente nel circolo sanguigno o nel tubo gastroenterico.

A margine di tutto quanto detto, vorrei sottolineare come frequentemente nel campo medico, i nomi che vengono dati anche a piccole strutture apparentemente irrilevanti come i dotti, originano dai Medici o dagli Scienziati che per primi hanno descritto quella struttura anatomica.

Dr. Mauro Marchetti 

Specialista in Medicina Interna

 

 


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