La steatosi epatica può o deve far paura?

Come ho già avuto modo di scrivere in un altro articolo, il fegato ha una struttura architettonica molto particolare, interessante e per certi versi stupefacente.

Ma ciò nonostante, tante sono le patologie che possono colpirlo, più o meno gravi, più o meno veloci nella loro evoluzione, talvolta di significato clinico piuttosto limitato ed in altre occasioni così gravi da determinare l'exitus del paziente con tempistiche differenti dal momento della diagnosi.

Di sicuro da tutti sono conosciute le patologie infettive virali come l’epatite A, B o C che possono manifestarsi con un quadro clinico assai differente da caso a caso e nei diversi soggetti: possono andare da una variante clinica fulminante ad una patologia benigna senza reliquati.

Tra le altre possibili altre malattie del fegato ricordiamo la cirrosi epatica che nel passato è stata considerata, erroneamente, come dovuta esclusivamente all’abuso di alcolici; esistono anche altre problematiche patologiche tra cui i tumori che possono essere primitivi o secondari.

Una delle tante funzioni di questo insostituibile organo è, analogamente al rene, quella di operare una sorta di filtro per molte sostanze presenti nel circolo sanguigno. Questa attività è, tra l'altro, causa della possibile ripetizione metastatica di tumori originatisi in altri organi o apparati.

Ma oggi vorrei porre l'attenzione su un altro aspetto patologico del fegato che viene definito steatosi epatica e che è, anch’esso, in qualche modo correlato alla sua funzione di filtro a cui stavo poc’anzi accennando.

Ma che cos’è la steatosi epatica? È una patologia apparentemente di scarso rilievo clinico in quanto è presente in modo inapparente in moltissime persone e che non dà, anche qui solo apparentemente, grossi disturbi a chi ne fosse portatore.

Si tratta di un accumulo di grassi nell’epatocita, cioè nella principale cellula del fegato, anzi per meglio dire nella struttura del lobulo epatico che ho descritto in un mio precedente articolo. Molto spesso questa condizione è determinata da un importante e persistente incremento dei grassi nel sangue, quali il colesterolo ma, soprattutto, dei trigliceridi.

Quanto questo accumulo possa favorire la successiva insorgenza di altre ben più gravi patologie del fegato come le epatiti, la cirrosi e l’epatocarcinoma (il tumore primitivo del fegato) è difficile da stabilirlo in quanto anche tali malattie, nelle loro diverse forme e varianti, sono oggi discretamente frequenti nella popolazione.

La sintomatologia clinica della steatosi epatica non è specifica potendo essere rappresentata esclusivamente da malessere generale, astenia, facile stancabilità e da dispepsie persistenti; queste ultime non sono altro che quella sorta di nausea, talvolta accompagnata a vomito, che spesso ci fanno pensare ad una calcolosi della colecisti ma che poi si dimostra inesistente all'esame ecografico addominale.

Sottoponendo il paziente proprio ad un esame ecografico, il radiologo spesso si accorge di un fegato iper riflettente, che spesso descrive come “steatosico” nel referto. Tale reperto e tale dizione altro non sono che l'aspetto brillante dell’organo derivato proprio dall'accumulo al suo interno dei grassi ivi depositati perché presenti in eccesso nel circolo sanguigno.

Portato il referto al proprio medico, spesso questo viene sottovalutato ed etichettato con una dizione del tipo “niente di particolare, più o meno tutti noi abbiamo una steatosi!”. Spesso un altro commento che noi medici siamo soliti comunicare al paziente è “poco ci si può fare, devi seguire una dieta, riduci l'assunzione di grassi animali come quelli presenti nelle uova, negli insaccati e nella carne rossa; rivalutiamo il quadro radiologico a distanza”.

Ma davvero è così poco importante tale riscontro? Certamente sì, considerata la frequenza con cui viene posta questa diagnosi dal radiologo nella refertazione ecografica, ma ne va anche valutata attentamente l'intensità, l’evoluzione nel tempo e, contemporaneamente, l’eventuale presenza di alterazione degli esami ematochimici e la presenza di possibile sintomatologia clinica riferita dal paziente.

In realtà, molto spesso noi medici tendiamo a sottovalutare questa problematica soprattutto quando tale reperto non si accompagni ad un'alterazione visibile e significativa della funzionalità del fegato, in particolare quando non siano presenti i cosiddetti “indici di citolisi”, vale a dire l’aumento delle transaminasi quali GOT, GPT e GGT. Per inciso, tali parametri fanno di solito parte degli accertamenti ematochimici di routine.

Ma attenzione perché quando questi valori fossero aumentati, rappresenterebbero un danno della cellularità epatica e questo sarebbe tanto più importante quanto più elevati risultassero i valori di tali parametri. Un incremento delle transaminasi di particolare importanza esprimerebbe una massiva rottura degli epatociti con la conseguente immissione in circolo degli enzimi in essi contenuti. Tale danno epatocitario, cioè della principale cellula del fegato, se persistente, potrebbe portare nel tempo ad una significativa perdita di funzione dell’organo ed al sovvertimento, più o meno completo, di quella struttura meravigliosa che è il lobulo epatico.

Tutto ciò perché, la riduzione del numero e della funzione cellulare comporterebbe un automatico e maldestro tentativo di ripristino strutturale dell’organo attraverso una rigenerazione del suo tessuto al fine di garantirne un’ottimale funzionalità. Purtroppo però questa rigenerazione potrebbe non essere in grado di ripristinare la corretta struttura lobulare del fegato ma, viceversa, potrebbe portare alla formazione di noduli nel suo interno: questi noduli di rigenerazione comprimendo i vasi ed i canalicoli biliari intralobulari rappresenterebbero l'elemento cardine nella determinazione del quadro cirrotico che potrebbe essere di minore o di maggiore gravità.

Ecco allora la necessità di poter diagnosticare prima e di intervenire poi, per gestire l'evoluzione della steatosi che solo apparentemente è una banale patologia. Obiettivo primario sarà quello di evitare il progressivo incremento della malattia ed ancor meglio, naturalmente, sarebbe quello di riuscire, nei limiti del possibile, a migliorare il dato radiologico e, conseguentemente, la progressione di malattia e la sintomatologia clinica. Obiettivo finale sarà quello di ridurre il rischio dell’evoluzione sopra descritta del reperto istopatologico.

Purtroppo non esistono farmaci capaci di risolvere la steatosi epatica in modo serio e significativo e, pertanto, tutto deve essere affidato ad una dieta attenta e ragionata, effettuando periodicamente dei controlli clinici e radiologici (ecografia) anch'essi molto meticolosi, che garantiscano una monitorizzazione di questo processo patologico.

Ecco allora il motivo per il quale cercherò quanto prima di organizzare, insieme a volenterosi e capaci Colleghi, un progetto di prevenzione specificamente dedicato alla diagnostica di questa malattia che, ripeto, essere molto spesso subdola perché capace di manifestarsi con sintomi poco vistosi ma decisamente fastidiosi; inoltre, c’è da considerare come il paziente tenda frequentemente a trascurare tale sintomatologia considerandola troppo spesso solo come un proprio modo di essere.

Seguimi in questo percorso per migliorare la tua condizione fisica e, nell'ottica di una medicina preventiva, per evitare eventuali più importanti patologie del fegato nei prossimi decenni.

 

Dr. Mauro Marchetti 

Specialista in Medicina Interna

 

 


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