Il diabete mellito: uno dei fattori di rischio cardiovascolare

Cos'è il diabete mellito?

Il diabete mellito è uno dei fattori di rischio modificabili che può aumentare la probabilità, nel tempo, di far insorgere un infarto o un ictus.

É una malattia sempre più frequente nella popolazione ed è sicuramente legata, oltre che a fattori genetici e quindi su base ereditaria, anche ad errate abitudini alimentari.

Queste ultime sono fondamentali per l'estrinsecazione clinica della malattia nei soggetti predisposti ereditariamente alla turba metabolica.

In altri termini, se un soggetto non presenta geneticamente la predisposizione al diabete mellito di tipo 2 non tenderà all'iperglicemia nonostante l'eventuale abuso di zuccheri con l'alimentazione. Al contrario, il paziente che ha familiarità per la malattia manifesterà la patologia indipendentemente dalle sue abitudini dietetiche. L'alimentazione, in questo caso, potrà incidere sulla precocità della manifestazione clinica.

 

Quali sono le cause del diabete mellito?

Non sono note con certezza le cause del diabete mellito di 2° tipo, definito anche come diabete alimentare o dell'adulto. Da un punto di vista esclusivamente clinico, si tende a considerare certa l'insorgenza del diabete mellito nel soggetto che abbia entrambi i genitori diabetici ed un rischio di malattia pari al 50% nel soggetto che abbia un solo genitore diabetico. Nei pazienti con familiarità, il fattore dietetico incide sicuramente nel determinare la precocità o meno della manifestazione clinica della malattia.

Considerato che il danno d'organo indotto dal diabete è funzione della durata della patologia, tanto più tardiva sarà la sua insorgenza, tanto meno gravi saranno o potranno essere le complicanze che ne deriveranno. Quindi, nel soggetto con familiarità, maggiore sarà l'attenzione dietetica, più tardiva sarà l'insorgenza della malattia e, conseguentemente, migliore sarà la prognosi a distanza.

 

Come è possibile prevenire il diabete mellito?

Da quanto sopra detto, l'unica vera prevenzione riguarda la possibilità di ritardarne l'insorgenza nei soggetti geneticamente predisposti. In teoria c'è oggi la possibilità di studiare il genoma per evidenziare la predisposizione al diabete di tipo 2 ma ciò, seppur importantissimo nella logica della ricerca scientifica e dei progressi della genetica, non è ad oggi conveniente impegnarsi in questa ricerca in modo routinario valutandone il rapporto costo beneficio.

Per approfondimenti: http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=40541

É facile sapere se nella famiglia altri componenti siano affetti dalla malattia ed è altresì facile, e comunque utile, predisporre una prevenzione alla turba metabolica attraverso idonee abitudini alimentari.   

 

Due tipi di diabete mellito 

Nelle premesse fatte si è parlato di diabete mellito di tipo 2 ed è necessario specificare questa dizione perché è codificata anche la variante di tipo 1 che, pur se con la stessa denominazione, rappresenta un'altra patologia, non a carattere ereditario, legata ad una problematica infettiva su base virale.

Sarà pertanto conveniente descrivere le due tipologie di diabete con le loro principali differenze.

Il Diabete Mellito di tipo 1 è definibile come insulino dipendente.

Il Diabete Mellito di tipo 2 è invece, al massimo, definibile come insulino trattato.

La variante 1 è tipica dei soggetti giovani. Insorge spesso in età pediatrica, difficilmente sopra i 35 anni e, quasi sempre, un'attenta anamnesi identifica un recente episodio infettivo di tipo virale come una malattia esantematica o una sindrome influenzale. Il virus in causa, oltre a determinare la sintomatologia tipica di quella patologia, può localizzarsi nella coda del pancreas che normalmente produce insulina, distruggendo le beta cellule. Conseguenza sarà la perdita totale della capacità da parte del pancreas di produrre insulina con il conseguente diabete mellito. In questa variante di patologia, quindi, l'elemento fondamentale è la mancanza totale dell'ormone ipoglicemizzante in circolo e, conseguentemente, la terapia non potrà che essere fatta con la somministrazione di insulina sottocute (Diabete mellito insulino dipendente).

La variante 2 del diabete mellito, invece, definita anche come alimentare e presa in considerazione nella prima parte di questo articolo, ha una base genetica ed è molto influenzata nella sua precocità di insorgenza dalle abitudini alimentari del singolo soggetto. L'elemento fisiopatologico che la caratterizza è rappresentato da un'alterazione della capacità di dismissione insulinica che normalmente dovrebbe essere immediata dopo l'assunzione del pasto. In altri termini, nel soggetto normale, appena assunto il pasto la glicemia tende ovviamente a salire e la risposta del pancreas è l'immediata dismissione in circolo di insulina capace di contenere l'innalzamento glicemico. Ciò produrrà un tipico profilo glicemico caratterizzato da una glicemia dopo un ora dal pasto ovviamente innalzata rispetto a quella presa a digiuno ma inferiore a 180 mg/dl (soglia oltre la quale il glucosio comparirebbe nelle urine determinando la cosiddetta glicosuria tipica del diabetico) ed una glicemia perfettamente tornata nella norma (100 mg/dl) due ore dopo la fine del pasto.

Nel paziente con diabete di tipo 2, viceversa, mancando questa pronta dismissione di insulina, la glicemia non sarà tamponata e salirà a valori nettamente più alti nelle ore successive all'assunzione di alimenti. La risposta insulinemica del pancreas sarà tardiva e spesso eccessiva rispetto alle effettive necessità producendo talora quadri di ipoglicemia tardiva specie se il paziente salta l'assunzione di un pasto. Permanendo però la capacità di produrre insulina, questa variante di diabete potrà giovarsi di farmaci che stimolano la produzione insulinica stessa agendo sulle beta cellule. Questo meccanismo d'azione è tipico delle Sulfaniluree che, per funzionare adeguatamente, dovranno essere assunte poco prima del pasto. Senza addentrarci nell'aspetto terapeutico di questa variante di diabete mellito perché ciò esula dalla finalità di questo articolo, possiamo solo affermare che, in relazione alla persistenza della produzione insulinica pancreatica, la variante 2 può essere gestita con terapia orale e, solo in particolari casi, necessita di trattamento insulinico (Diabete mellito insulino trattato).

 

Come gestire il diabete mellito

In entrambe le varianti di diabete mellito, comunque, è sempre di importanza estrema la dieta seguita dal paziente per ottimizzare il controllo metabolico e per ritardare e contenere il danno d'organo. Sarà necessario formulare una dieta personalizzata che tenga conto  anche di eventuali danni d'organo secondari alla patologia metabolica come, ad esempio, l'insufficienza renale.  Proprio in virtù della complessità di quello che in questi casi può essere definito "trattamento dietetico", lo stesso andrà attentamente seguito da medici specialisti e rivalutato periodicamente anche attraverso controlli ematochimici tra cui, la cosidetta Emoglobina glicata (HbA1c) che dà indicazioni sull'andamento medio della glicemia negli ultimi tre mesi.

Da sottolineare come, anche nel diabete mellito, mantenere un adeguato controllo del peso corporeo, sia attraverso la dieta che di una idonea attività fisica, favorisca la normalizzazione della glicemia di base o, quanto meno, riduca la necessità del trattamento farmacologico.

ATTENZIONE: frequentemente il paziente diabetico, specie se in terapia insulinica, tende all'incremento ponderale; il brusco calo del peso corporeo potrebbe invece nascondere un improvviso peggioramento del controllo metabolico.

 

Leggi l'articolo sul diabete pubblicato su Leggo Tenerife 

 

 

Dr. Mauro Marchetti
Specialista in Medicina Interna

 

 

 


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